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Giovanni Falcone non è stato solo un grande giudice istruttore ma anche uno stratega ed un uomo umile. Raccogliere l'eredità di questo Servitore dello Stato non è facile ma sono molti i magistrati che onorano la sua memoria e quella di altre vittime di mafia come Paolo Borsellino
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Nell'ultima puntata del podcast “Il Metodo Falcone”, il racconto della strage di via D'Amelio del 19 luglio 1992 e di come Paolo Borsellino applicò la tecnica investigativa “segui i soldi, troverai la mafia”, a Marsala e Palermo. Testimonianze del generale della Gdf Ignazio Gibilaro e degli ex pm Giuliano Turone, Antonio Ingroia e Paolo Bernasconi
Episodi precedenti
Una scrivania vuota con un assegno sopra. Il giudice istruttore Giovanni Falcone osserva in silenzio quel foglio di carta rettangolare. Falcone ha poco più di 40 anni. Quell'assegno lo condurrà ad altri conti bancari, altri nomi, altri indirizzi in una catena che coinvolgerà centinaia di mafiosi e di loro complici. Fino ad arrivare al primo maxiprocesso di Palermo e alla sentenza del 30 gennaio 1992, grazie al suo metodo investigativo: segui i soldi e troverai la mafia.
Nel 1978 Giovanni Falcone lascia Trapani e torna a Palermo, dove entra nel pool antimafia. Qui avrà la possibilità di sviluppare il suo metodo investigativo. Sono anni terribili, scanditi dagli omicidi eccellenti di mafia.
Il maxiprocesso contro il gotha di Cosa Nostra è il punto più alto del metodo Falcone “segui i soldi e troverai la mafia”. Il 30 gennaio 1992 la Cassazione confermerà definitivamente l'impianto accusatorio e le condanne. Quattro mesi, con la strage di Capaci, prenderà forma la vendetta di Cosa nostra.
Il metodo Falcone “segui i soldi, troverai la mafia” è stato riconosciuto dalle Nazioni Unite e fatto proprio da 190 Stati. Paradisi fiscali, trust e criptovalute sono le insidie più pericolose con el quali oggi deve fare i conti quel metodo.