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Lo stadio Sarrià di Barcellona è la piccola ma gloriosa casa dell’Espanyol. Oggi non esiste più, al suo posto c’è un centro commerciale. In quel palcoscenico, nel 1982, si rincorrono i fantasmi degli Azzurri, dopo il deludente girone eliminatorio, e i fantasmi di Paolo Rossi, sommerso dalle critiche della stampa italiana, in cerca di un riscatto che può cambiargli la carriera.
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Mi ha sempre incuriosito il cartellone pubblicitario “Annabella” a bordo campo nelle partite del mondiale spagnolo. In mezzo ai brand delle multinazionali dell'epoca faceva capolino una rampante pellicceria pavese, capace di sfruttare i nuovi canali del marketing e della pubblicità tv. La storia di Annabella e lo status symbol delle pellicce raccontano perfettamente l’uscita dell’Italia dagli anni 70 del terrorismo e l'ingresso nei colorati anni '80, il boom della Borsa, del made in Italy e delle tv commerciali.
C'è un filo rosso che unisce le nazionali incontrate dagli Azzurri nella fase finale dei Mondiali di Spagna, un paese appena uscito dagli anni del franchismo: è lo spettro delle dittature (Brasile e Argentina), della cortina di ferro sovietica (Polonia) e delle separazioni (il muro di Berlino che divide le due Germanie). Mentre il destino farà incontrare nel “girone della morte” di Barcellona, proprio i cugini “latini” Italia-Brasile-Argentina.